Alcune indicazioni per interpretare uno dei test proiettivi più affascinanti!

IL TEST DELLO SCARABOCCHIO
La consegna del test proiettivo dello scarabocchio ideato dal grafologo Robert Meurisse attorno al 1950 consiste nel far scarabocchiare una persona (con una matita morbida e per circa un minuto e mezzo) su di un foglio bianco (l’ideale è il classico formato A4), al cui centro abbia prima scritto il proprio nome, in maniera che il nome venga così quasi a far parte dello scarabocchio stesso.
La zona del nome (che può essere scritto per esteso, in corsivo o in stampatello, oppure anche come una sigla o una firma) rappresenta l’Io, mentre il resto del foglio rappresenta il mondo dove l’Io può proiettarsi ed esprimersi: può anche succedere che il nome risulti come “incorniciato” o addirittura cancellato … è sempre questione di autostima, di aspettative, di valorizzazione o meno della propria immagine.

L’interpretazione del test fa riferimento a criteri semplici, intuitivi ed immediatamente leggibili, ma è bene non dimenticare che lo scarabocchio è pur sempre un’espressione grafica legata allo stato d’animo del momento ed obbedisce ad una logica tutta sua : quindi non dobbiamo aspettarci di cogliere la personalità globale di chi scarabocchia, quanto il messaggio di un suo “sentire” che si esprime in forma simbolica attraverso tratti, linee, disegni, o semplici tracce.
Nell’eseguire il test ciascuno di noi è libero di utilizzare lo spazio come crede: ci sarà chi tenderà a “invaderlo” totalmente, chi scarabocchierà solo su di una parte del foglio, chi privilegerà la sola parte centrale attorno al nome, magari personalizzandola con un piccolo accattivante disegno, chi farà segni o piccoli schizzi sparsi ai vari lati del foglio, chi creerà una specie di microcosmo con veri e propri disegni che contengono la “fotografia” immediata delle emozioni che sta vivendo in quel momento, chi annerirà tutto con tratti di matita, nome compreso, rifiutando in questo modo la relazione sia con l’ambiente che con la propria immagine, chi si slancerà verso il mondo con sicurezza in tracciati molto dinamici che privilegiano unicamente il movimento, senza creare alcuna forma, chi si sentirà protetto in un tratto statico, contenuto, magari un po’ rigido e controllato che evoca un labirinto, o si riconoscerà nelle raffigurazioni di rassicuranti e razionali geometrie solide che “organizzano” la vita e il quotidiano senza troppo concedere ai sentimentalismi … le modalità sono davvero tante per affrontare (simbolicamente!) il mondo che ci circonda.
Per quanto riguarda l’occupazione dello spazio del foglio teniamo presente, come principio di massima, che più le “tracce” scarabocchiate si espandono liberamente e fluidamente su tutto il foglio, migliore è il rapporto del soggetto con la sua parte istintiva : c’è spontaneità, comunicativa, fiducia in se stessi, un buon concetto della propria immagine e del proprio impatto sociale.
Se invece la parte scarabocchiata occupa solo una parte del foglio c’è una componente di incertezza, e dobbiamo interrogarci sulle difficoltà relazionali del soggetto, o almeno su ciò che lo ostacola nell’esteriorizzare spontaneamente le sue esigenze, i suoi sentimenti, i suoi timori.
Inoltre lo spazio che abbiamo privilegiato scarabocchiando simboleggia la zona della nostra vita che tendiamo a valorizzare : o perché ci attrae, o perché ci preoccupa, o perché si alimenta di ricordi, o perché si nutre di aspettative spesso ansiose.
E, allo stesso modo, lo spazio lasciato in bianco diventa una sorta di zona solitaria e silenziosa, ignorata, inconsciamente rifiutata o forse temuta, in un gioco di ambivalenze che si caricano di significati: in questo senso dovremo interrogarci qualora venga occupata un’unica zona del foglio.
Tutti noi, scrivendo, disegnando o scarabocchiando sul foglio-ambiente, rispondiamo a quattro direzioni universali, che sono l’alto (il pensiero, la spiritualità), il basso (la concretezza, la realtà materiale, le pulsioni) , la destra (il futuro, l’incontro con l’Altro, il maschile), e la sinistra (il passato, le origini, la madre, il femminile).
Il valore archetipico di questi quattro vettori spazio-temporali, riassunto nello schema del Simbolismo del Campo Grafico elaborato attorno al 1930 dal grande grafologo svizzero Max Pulver, è tuttora fondamentale per l’analisi della scrittura e del disegno.
Si tratta di un semplice schema che dev’essere sempre tenuto presente per osservare qualunque traccia grafica, anche minima, che prenda vita in uno spazio, compreso lo scarabocchio.
Ciascuno di noi risponde ai significati simbolici di questi 4 punti con maggiore o minore intensità : la persona tendenzialmente introversa, riflessiva, legata al passato e alle origini privilegerà la sinistra, mentre l’estroverso desideroso di comunicare e di misurarsi con la vita reale tenderà ad occupare la zona destra.
Quindi lo scarabocchio collocato a sinistra esprime il bisogno di sicurezza : quando è attaccato al bordo del foglio segnala una sorta di “nostalgia delle origini”, una temporanea regressione, oltre che un forte legame con il passato, l’infanzia, i ricordi e la figura materna.
Invece nello scarabocchio che occupa decisamente la zona destra c’è il bisogno di rinnovamento, di scoperta, di avventura, di nuove esperienze. Il vuoto della zona sinistra è la rinuncia al supporto che questa zona simbolicamente offre : possiamo prendere le distanze da certi schemi rassicuranti perché non ne abbiamo più bisogno oppure, forse, perché il passato con i suoi ricordi ci opprime e siamo ansiosi di voltare pagina.
Il tipo fantasioso, il mentale, l’idealista e il sognatore scarabocchieranno o disegneranno simboli nella zona alta , oppure costruzioni geometriche piramidali, o forme aperte verso l’alto come coppe o semicerchi, oppure si slanceranno con tratti verticalizzati come antenne, mentre il tipo concreto, pratico ed organizzato, magari anche piuttosto sensuale, o semplicemente in cerca di un appoggio stabile, occuperà di preferenza la zona inferiore.
La collocazione nella zona centrale ha valenze diverse: il centro fa sempre riferimento allo spazio dell’Io, e la sua occupazione può significare sia un buon adattamento all’ambiente, sia una ricerca di considerazione, sia un mettersi in evidenza per una conferma di sé e del proprio valore. Il centro è un principio arcaico di autoaffermazione : è l’Io che attesta e ribadisce la propria esistenza, l’Io attorno al quale il mondo si organizza e prende vita.
Nel caso di questo test il centro ospita il nome proprio, ossia la persona: ci si dovrà interrogare, nel caso in cui il nome risulti cancellato, su un particolare senso di negazione e di “annullamento” che può accompagnare il soggetto costantemente (e in questo caso sarebbe necessario vedere più di un test), oppure essere il frutto di un particolare momento di depressione, di caduta di autostima, o semplicemente di non accettazione del proprio aspetto, della propria immagine, del proprio ruolo nell’ambiente.
Naturalmente ha importanza anche la grandezza: lo scarabocchio piccolo, con tracciati contenuti e precisi, esprime il bisogno di riflettere, di ponderare con attenzione, o con pignoleria, a scapito della spontaneità, spesso è della persona perfezionista e tendenzialmente ansiosa.
Lo scarabocchio grande, con tracciati ampi che occupano tutto il foglio-ambiente, è dell’estroverso che ama mostrarsi, attirare l’attenzione, essere protagonista del suo mondo, un mondo che gli appartiene e dove dimostra di sapersi muovere con una certa sicurezza se le linee si snodano veloci e continue , senza stacchi di mano, trasferendo sul foglio il fluire libero delle emozioni.
Se l’andamento è curvilineo c’è anche capacità di adattamento, disponibilità, flessibilità; se viceversa è angoloso il temperamento è deciso, energico, talvolta imperioso, spesso anche aggressivo.
Ma se le linee tendono a spezzarsi aritmicamente coprono una profonda vulnerabilità a livello emotivo: infatti nel tracciato spezzettato c’è sempre il bisogno inconscio di staccare per recuperare energia.
Un segnale di disagio è rappresentato dai tratti ripassati, ombreggiati o cancellati : questi ultimi tradiscono sia un’ansia di perfezione che una bassa autostima.
Osserviamo poi se il foglio è stato girato in senso orizzontale o verticale : la scelta orizzontale è dei temperamenti più espansivi, la scelta verticale è di chi fa maggior riferimento a se stesso che non agli altri.
Anche il modo di impugnare lo strumento grafico ha un suo valore : la tenuta verticale produce un tratto nitido e preciso e appartiene alle persone razionali e determinate, molto concentrate su tutto quello che fanno.
La tenuta lunga e obliqua, che produce un tratto fluido e pastoso, è invece dei tipi più affettivi ed estroversi, che amano “scivolare” sulla carta e sulla vita.
La pressione che esercitiamo scrivendo, disegnando o scarabocchiando corrisponde all’energia vitale di ciascuno di noi, alla gestione della nostra “libido”, per cui un tratto affermato, forte ed incisivo esprime volontà e determinazione, una pressione media e costante un normale e stabile adattamento, mentre un tratto leggero, delicato e sottile evoca tutte le sfumature della sensibilità.
Il simbolismo delle forme scarabocchiate chiarirà il significato degli “oggetti” che occupano la sfera più intima, e che il breve momento del test riassume sulla carta portandoli in evidenza.
Il prevalere di forme figurative rivela il forte bisogno di introspezione, di adesione e di partecipazione alla vita reale caratteristico delle personalità più concrete (con una connotazione di tipo pragmatico se si rappresentano oggetti legati al quotidiano, con un coinvolgimento di tipo affettivo se si tratta di persone o animali).

I creativi si esprimeranno volentieri con un’astrazione inattesa che si espanderà liberamente sulla carta dando vita a “disegni” multipli talvolta molto lontani dall’idea iniziale : alcuni manifesteranno il piacere della comunicazione e dell’interazione con l’ambiente con una gestualità molto fluida di puro movimento, mentre altri, attraverso costruzioni complesse che conserveranno una forma e una simmetria, risponderanno piuttosto al bisogno di mettere ordine nei loro pensieri e nelle loro intuizioni.
Un po’ la stessa cosa vale per il prevalere di forme geometriche, che rispecchiano la necessità di organizzazione, di comprensione a livello logico e razionale caratteristica delle persone lineari.
Ma uno scarabocchio dal risultato evidentemente e schiettamente decorativo ci porta oltre e ci mette di fronte ad un’esigenza di chiarezza, a una ricerca di soddisfazione estetica, talvolta ad un’ansia di perfezionismo…
Davvero innumerevoli sono le modalità espressive che ciascuno potrà incontrare nel test, perché le sfaccettature della personalità legate al momento e all’emozione tendono a moltiplicarsi come attraverso un prisma : il foglio diventa in effetti, per chi lo ha scarabocchiato, un piccolo mondo dove, per un momento, ha “proiettato” se stesso.
Il ripetersi di determinate modalità grafiche è la chiave per comprendere atteggiamenti e difese che vengono alla luce esclusivamente attraverso lo scarabocchio, e rimangono celati nel comportamento manifesto: è la ragione per cui la lettura di questo test può rivelarsi, se accettata con curiosità e senza pregiudizi, assolutamente sorprendente. 



Questo testo proviene dal libro “Lo scarabocchio. Il tratto d’unione fra noi e il nostro inconscio” di Marisa Paschero.

Il capitolo 10 è interamente dedicato al Test, con indicazioni dettagliate e moltissimi esempi.