Margaretha Gertruda Zelle, meglio nota come Mata Hari, ha “agito” pienamente l’archetipo della Luna Nera, rappresentandolo nella sua vita di avventuriera, danzatrice, donna fatale e, finalmente, spia internazionale  (pare contemporaneamente legata ai Servizi Segreti di Francia e Germania), che concluse la sua esistenza all’alba del 15 ottobre 1917, all’età di 41 anni, quando venne fucilata dall’esercito francese con l’accusa di tradimento.

Il suo suggestivo nome d’arte evocava il Sole e significava  “luce del giorno”. Lo aveva assunto quando aveva smesso di essere una rispettabile signora, moglie di un ufficiale (il capitano Mac Leod, maggiore di lei di vent’anni, che aveva sposato rispondendo ad un’inserzione) e madre di due figli (di cui uno morto misteriosamente), per trasformarsi in una ballerina “venuta dall’Oriente”, provocante e trasgressiva: una seduttrice che si esibiva pressoché nuda in danze sensuali cariche di erotismo nella Parigi del giro del secolo.

E a Parigi ebbe molto successo per qualche anno, vivendo nel lusso soprattutto grazie a numerose relazioni: per alimentare il fascino del suo personaggio si inventò origini giavanesi e millantò frequentazioni dei templi segreti dell’India, in qualità nientemeno che di “danzatrice sacra”.

La sua figura è stata molto discussa: ora descritta come una creatura irresponsabile, passionale, spesso emotivamente confusa, in balia degli eventi e travolta dai suoi stessi impulsi, ora rappresentata come una gelida simulatrice, subdola, ambiziosa, calcolatrice, determinata e combattiva fino all’estremo.

Fino al punto di affermare, poco prima dell’esecuzione: “Mi difenderò e, se dovessi soccombere, sarà con un sorriso di profondo disprezzo”.

In realtà Mata Hari si avviò alla fucilazione con eleganza, rifiutò la benda che le veniva offerta e salutò il plotone d’esecuzione con un cortese cenno del capo. Degli undici colpi sparati contro di lei pare che otto siano andati a vuoto: ultimo galante omaggio dei militari francesi  ad una donna che aveva, in qualche modo, incarnato il femminile erotico di un’epoca finita per sempre.

La sua scrittura può, in certo senso, fare un po’ di luce sul mistero del personaggio.

La sindrome grafica creata dalla dimensione grande con  andatura destrorsa regolare, iperlegata con scansione rigida e angolosità prevalente, la sopraelevazione costante della  “p” minuscola  (altrimenti detta “riccio dell’indipendenza”), risponde a personalità intransigenti, risolute, dominatrici, che si mettono in relazione con l’altro non per dialogare, ma per assoggettarlo.

Questa grafia energica, dominata dall’elemento Fuoco, con  un Marte magnificato, presenta tuttavia lacci, tratti coprenti, “legamenti secondari” tipici di una natura narcisista, seduttiva e dissimulatrice : probabilmente vittima finale del suo stesso personaggio e della mistificazione in cui era vissuta.

Mata Hari  1876-1917

Il tema natale conferma la dominante Fuoco con un orgoglioso stellium in Leone al Medio Cielo che comprende, oltre al Sole, anche Mercurio, Marte e Urano.

La Luna Nera si trova in seconda casa, da dove segnala problematiche relative all’esigenza di rassicurarsi e di colmare ogni carenza emotiva attraverso il possesso.

L’avidità diventa insaziabile, e la collocazione in Capricorno, per alcuni astrologi domicilio d’elezione di Lilith, conferma ed enfatizza l’ambizione ad un “potere” riconosciuto, visibile e consolidato, oltre all’atteggiamento altero e sprezzante più volte mostrato dalla famosa danzatrice e spia.

La Luna Nera ha agito qui esasperando l’egocentrismo fino alla mitomania: Mata Hari si è completamente identificata con Lilith, offrendone una rappresentazione vivente che si è cristallizzata nell’immaginario collettivo.

Il testo è tratto da “GRAFOLOGIA PLANETARIA: I simboli dell’universo nella scrittura”, Edizioni Mediterranee, Roma, 2023.

Il capitolo 14 è dedicato alla scrittura di Plutone e di Lilith.