di Marisa Paschero

“Guardami dall’alto e vedrai in me un pazzo

Guardami dal basso e vedrai in me un dio.

  Guardami dritto negli occhi e vedrai te stesso.”

Charles Manson

Purtroppo la follia omicida non si delinea chiaramente nella scrittura attraverso una serie di segni precisi, da interpretare diligentemente: la nostra psiche, e a maggior ragione la psiche  malata e sofferente, tende a conservare i segreti e le difese che ne intensificano il mistero.

Dal luogo d’ombra  dove si depositano i contenuti più violenti e distruttivi della natura umana non sempre arrivano messaggi espliciti, ma solo accenni, spesso fraintesi o inascoltati: a sottolineare ancora la sottigliezza estrema del confine che separa la normalità apparente dalla follia.

Emblematico è il caso di Erika De Nardo, la sedicenne che nel 2001 a Novi Ligure uccise la madre ed il fratellino con 97 coltellate.

Alcuni grafologi hanno  cercato di individuare nella sua scrittura (risalente a due anni prima) i segni e le avvisaglie della tremenda sadica ferocia che si sarebbe scatenata di lì a poco, ma, naturalmente, a posteriori tutto è possibile.

In realtà siamo di fronte ad una tipica scrittura di adolescente, con indici  molto comuni e riconoscibili nelle grafie delle ragazzine di oggi: piuttosto statica, monotona, compatta, inclinata verso sinistra, con zona media dominante, lettere molto gonfie e quasi incastrate l’una nell’altra, in una mescolanza di script e corsivo, con tendenza ad occupare lo spazio integralmente.

L’insieme corrisponde, nelle sue caratteristiche generali, alla cosiddetta SCRITTURA PERSONA ( “persona”  come maschera indossata dall’attore del teatro classico ), ossia ad una grafia che cristallizza la rappresentazione di un personaggio, di un ruolo, di un’identità costruita per presentasi agli altri, “mascherando” il vero Sé.

La scrittura-Persona ha sempre qualcosa di artificiale, di convenzionale, di poco espressivo: spesso la sua compattezza la rende rigida, impenetrabile come una fortezza, e la fa somigliare molto alle scritture-maschera dei soggetti isterici e delle personalità fortemente narcisistiche.

Ma bisogna tenere presente che, nel periodo dell’adolescenza, periodo che oggi tende a prolungarsi nel tempo,  questo tipo di grafia è molto diffuso,  quasi una tappa obbligata.

La SCRITTURA PERSONA è considerata una sorta di meccanismo di difesa; la ragazzina che sta crescendo e si sta trasformando si protegge adottando uno stile grafico che è quasi un codice, la rassicura e  l’accomuna ai valori riconosciuti dalle sue coetanee, permettendole di fondersi nel gruppo, e, contemporaneamente, di conservare chiuso e celato il proprio mondo interiore.

la scrittura di Erika  De  Nardo

Anche la scrittura di  Pietro Pacciani, il contadino di Mercatale Val di Pesa (FI) accusato di essere “ il mostro di Firenze”, presenta i movimenti stereotipati, artificiosi e poco vitali della scrittura-Persona, ma qui si aggiungono segni inquietanti che derivano dallo spazio denso, fitto, serrato, totalmente e pesantemente invaso, dove l’aria non riesce a circolare. 

la scrittura di Pietro Pacciani

Colpisce inoltre l’alternanza di stili grafici ( scrittura detta “discordante” o “ pluristile”), che toglie omogeneità e coerenza al tracciato, e sottolinea la contraddittorietà patologica del personaggio Pacciani, in cui convivevano  ossessività e dissociazione mentale.

In generale la  scrittura discordante, fattore di squilibrio e di disadattamento, è molto frequente nei soggetti che presentano anomalie sessuali, o che fanno uso di droghe.

Il suo significato peggiora quando, come in questo caso, la disomogeneità si ripete in maniera stereotipata in un contesto rigido ed asfittico (è detta “discordanza nella monotonia”).

Anche il noto psichiatra Vittorino Andreoli venne chiamato ad occuparsi della produzione grafica di Pacciani, e ne analizzò disegni, lettere firmate, memoriali. 

Definì l’incarico “di grande interesse, dal momento che l’attività grafica rappresenta un linguaggio vero e proprio, sia pure non verbale, che ha il pregio di non sottostare al controllo della logica razionale …”.

Scivoliamo sul fatto che altri esperti attribuirono alla mano del “mostro” la copia di una celebre opera di Olivares, a cui in seguito risalì Vittorio Sgarbi.

Sul complesso caso giudiziario che riguarda Pietro Pacciani, a cui vennero imputati 16 omicidi, spaziando dalla pista esoterica alla pedofilia, permangono tuttora molti interrogativi, destinati a rimanere irrisolti con la sua morte, avvenuta nel 1998.

Charles Manson, psicopatico dal carisma violento e allucinato, profeta del satanismo,  frutto malato di una delirante ossessione di libertà assoluta nata dalla consapevolezza avvilente di non essere diventato  “qualcuno”, è uno dei più famosi assassini della storia, incarnazione stessa del  “male”.

la scrittura di Charles Manson

ll suo nome è legato soprattutto al massacro in cui venne coinvolta, la notte del 9 agosto 1969, l’attrice Sharon Tate, moglie del regista Roman Polanski.

La Comune da lui fondata pochi anni prima, quando uscì di prigione dopo aver scontato una lunga condanna per  furti, aggressioni e stupri, raccoglieva ragazzi disadattati che, completamente plagiati dalla sua personalità  e sotto l’effetto della droga, si trasformavano in spietati assassini.

Di loro Manson diceva, in una delle sue sconvolgenti affermazioni: “Questi figli che vengono da voi con i coltelli, sono i vostri figli: voi li avete istruiti. Io non ho insegnato loro nulla. Ho solo provato ad aiutarli ad alzarsi in piedi.”

La sua scrittura, al di là dei contenuti, risulta  fortemente inquietante per la dominante congiunta  di indici Plutoniani, Marziani e Saturnini.

 Appare iperlegata in una continuità che non ammette ripensamenti né pause critiche, costellata di segni cruciali, di improvvisi tratti infantili e lettere calligrafiche.

Aggressività e segni seduttivi  (i cosiddetti  “lacci captatori”) convivono in questo grafismo esasperato e sofferente insieme.

“L’idea di un destino, di un karma, la sicurezza interiore di una continuità della vita, mostrano sotto un altro aspetto l’uomo che si esprime nella sua scrittura.  E questo sapere o presentire impegneranno il grafologo alla modestia.”

Così scriveva Anja Teillard, grande grafologa allieva di Jung, autrice del bellissimo libro dal titolo  “L’anima e la scrittura”.

E di modestia è bene parlare, per il grafologo e non solo, di fronte all’enigma della psiche umana.